jueves, 7 de mayo de 2020

"L'arroganza del potere": il fallimento del Ministro Bonafede nella lott...


GIORGIO BONGIOVANNI

L'arroganza del potere

Il fallimento nella lotta alla mafia del ministro Bonafede
In difesa di Nino Di Matteo
di Giorgio Bongiovanni - Video-Intervista

La storia, che dovrebbe essere maestra di vita, si ripete. È per questo motivo che ho accettato l'intervista che mi hanno proposto i giovani del gruppo Our Voice.
Oltre ventisette anni, ormai, sono passati dai tempi delle stragi ma vi sono cose che, ciclicamente, tornano. Paolo Borsellino, nel suo ultimo intervento pubblico a casa Professa, nel giugno 1992, ricordando la scomparsa dell'amico, Giovanni Falcone, aveva fatto riferimento ad un'affermazione di Antonino Caponnetto secondo cui Giovanni Falcone cominciò a morire nel gennaio del 1988. Addirittura disse che "in effetti il Paese, lo Stato, la magistratura che forse ha più colpe di ogni altro, cominciò proprio a farlo morire il primo gennaio del 1988, se non forse l’anno prima...". Sia quando era giudice istruttore a Palermo, che quando si era recato, nel 1991, a Roma al ministero di Grazia e Giustizia, accettando il ruolo di direttore degli Affari Penali, fu sempre isolato, delegittimato, attaccato da destra, da sinistra, da centro, dai colleghi, dalla stampa. Poco importava se quel giudice era divenuto un simbolo della lotta alla mafia.
La stessa cosa accade oggi con il magistrato Nino Di Matteo che ha raccontato dei fatti che non possono lasciare indifferenti. A seguito delle sue esternazioni, però, solo pochi colleghi, qualche associazione della società civile, e qualche organo di informazione si è speso a sostegno del magistrato, mentre i più grandi organi delle Istituzioni puntano il dito contro la sua persona solo per aver raccontato la verità.
In questa intervista, che potete vedere di seguito, senza fare insinuazioni o raccontare percezioni, faccio delle accuse specifiche, basate su fatti, di cui mi assumo la responsabilità.

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por Giorgio Bongiovanni - Video-Entrevista



La historia, que debería ser maestra de la vida, se repite. Es por esta razón que acepté la entrevista que los jóvenes del grupo Nuestra Voz me propusieron.

Han pasado más de veintisiete años desde el momento de las masacres, pero hay cosas que, cíclicamente, regresan. Paolo Borsellino, en su última intervención pública en la casa Professa, en junio de 1992, al recordar la desaparición de su amigo, Giovanni Falcone, se refirió a una declaración de Antonino Caponnetto de que Giovanni Falcone comenzó a morir en enero de 1988. Incluso dijo que "de hecho, el país, el estado, el poder judicial que quizás tiene más culpa que ningún otro, comenzó a hacerlo morir el 1 de enero de 1988, si no quizás el año anterior ...". Tanto cuando estaba investigando al juez en Palermo como cuando fue a Roma en 1991 al Ministerio de Gracia y Justicia, aceptando el papel de Director de Asuntos Penales, siempre estaba aislado, deslegitimado, atacado desde la derecha, desde la izquierda, desde el centro. , de colegas, de la prensa. Poco importaba si ese juez se había convertido en un símbolo de la lucha contra la mafia.

Lo mismo sucede hoy con el magistrado Nino Di Matteo, quien contó los hechos que no pueden dejarlo indiferente. Sin embargo, después de sus externations, solo unos pocos colegas, algunas asociaciones de la sociedad civil y algunos organismos de información gastaron en apoyo del magistrado, mientras que los organismos más grandes de las instituciones señalan con el dedo a su persona solo por haberle dicho al verdad.

En esta entrevista, que puede ver a continuación, sin hacer insinuaciones ni dar percepciones, hago acusaciones específicas basadas en hechos, de las cuales me responsabilizo.



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